MEMORIE DALLA RESISTENZA

MA QUALI ERANO LE STORIE DI QUEI GIOVANI PARTIGIANI AL BAITONE DELLA PIANCA? MARIA TERESA PEROTTO MI HA RACCONTATO LA STORIA DI SUO FRATELLO SILVIO, FUCILATO A BARZIO IL 31 DICEMBRE DEL 1944…

SILVIO PEROTTO nasce il 02 marzo 1924 a Dompcevrin, nella regione della Lorena in Francia, dove i genitori erano migrati in cerca di lavoro.
Nel 1927 la famiglia rientra in Italia e si stabilisce a Monza. Silvio è il più grande di quattro figli: Lorenzo, Maria Teresa e Paola. Poco pi…Continua a leggere

MA QUALI ERANO LE STORIE DI QUEI GIOVANI PARTIGIANI AL BAITONE DELLA PIANCA? MARIA TERESA PEROTTO MI HA RACCONTATO LA STORIA DI SUO FRATELLO SILVIO, FUCILATO A BARZIO IL 31 DICEMBRE DEL 1944...

SILVIO PEROTTO nasce il 02 marzo 1924 a Dompcevrin, nella regione della Lorena in Francia, dove i genitori erano migrati in cerca di lavoro. 
Nel 1927 la famiglia rientra in Italia e si stabilisce a Monza. Silvio è il più grande di quattro figli: Lorenzo, Maria Teresa e Paola. Poco più che adolescente Silvio comincia a lavorare alla Breda di Sesto San Giovanni, alla V° Sez. Aeronautica, lo stesso reparto dove lavorano Enrico Bracesco di Monza e Michele Robecchi di Muggiò (entrambi deportati, non fecero più ritorno:il primo dal Castello di Hartheim - Mauthausen -, il secondo dal lager di Dachau).
Dopo l’8 settembre del 1943 cominciano i trasferimenti coatti dei lavoratori nelle fabbriche della Germania; Silvio Perotto è tra i lavoratori precettati alla Breda, ma si rifiuta di partire. E’ in contatto con alcuni antifascisti monzesi, tra i quali Carlo Prina (fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944) che gli fornisce una lettera per l’arruolamento in una delle prime formazioni partigiane costituitesi sul Resegone. Silvio confida la sua decisione ad un amico arruolato nella brigata nera “Aldo Resega” che decide  di seguirlo in montagna. I due raggiungono il luogo proprio nei giorni (17-20 ottobre 1943) in cui infuria la battaglia tra nazifascisti e partigiani al Pizzo d’Erna. Riescono a tornare salvi a Monza. Silvio è confuso e ha paura, non è così facile scegliere la Resistenza armata, non ha ancora vent’anni.  Ma la strada della Resistenza è ormai, anche se  inconsapevolmente,  imboccata con la fuga per sottrarsi al trasferimento coatto in Germania. L’”amico” rientrato con lui, fa la spia e Silvio, insieme ad altri, viene arrestato. Nelle celle della Villa Reale subisce pesanti interrogatori secondo lo stile impartito dal maggiore Luigi Gatti. Poi viene trasferito al carcere  di Monza, e infine  con il n. di matricola 1730 a San Vittore, il 20 marzo 1944. Qui incontra Antonio Gambacorti Passerini (poi fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944 con Carlo Prina, e altri tre antifascisti monzesi). A Silvio viene proposto l’arruolamento nelle SS Italiane “Volontari della morte” in cambio della libertà; Antonio G.Passerini gli suggerisce di accettare di modo che una volta fuori possa riprendere i contatti con la Resistenza. Il 26 maggio Silvio viene scarcerato. E’ duramente provato dal carcere e dall’aver preso coscienza di cosa fosse davvero il fascismo. Maria Teresa ricorda bene il momento del suo ritorno a casa  e della decisione di gettare la camicia nera. Non resta che fuggire, si nasconde ad Airuno (LC),in un capanno dei cacciatori tra le anse dell’Adda, rifugio di altri renitenti. Una trattoria sulle rive del fiume segnalava loro, esponendo un lenzuolo bianco alla finestra,l’imminenza di rastrellamenti. Viene così il giorno che Silvio deve abbandonare Airuno. Si sposta sul Resegone e si unisce ai partigiani della 55° Brigata F.lli Rosselli. Il 30 dicembre 1944 partigiani della 55° Brigata F.lli Rosselli e della ex 86° Brigata Issel – molti dei quali provengono dalle fabbriche di Sesto San Giovanni, Monza, Cinisello Balsamo – trovano rifugio al Baitone della Pianca , sui monti tra la Valsassina e la Val Taleggio al Culmine di San Pietro. Con loro un gruppo di operai di Dalmine in fuga dalla pianura perché ricercati, un radiotelegrafista inglese e l’interprete. Quella notte uomini della brigata Nera “Cesare Rodini” al comando del capitano Noseda, catturano 36 partigiani. Franco Carrara “Walter” comandante della 55° Rosselli viene ucciso mentre tenta la fuga. I partigiani catturati, legati ai polsi, vengono condotti a piedi ad Introbio per l’interrogatorio. Il giorno dopo  Leopoldo Scalcini “Mina” comandante della 86° Issel viene torturato e ucciso. Sempre il 31 dicembre tre partigiani vengono fucilati al cimitero di Maggio,  undici a Barzio. Tra loro i monzesi Silvio Perotto, Mario Pallavicini, Giuseppe Pennati.

Saputa dopo diversi giorni la sorte del fratello, Maria Teresa insieme al fratello Renzo raggiunge Barzio, dove apprende il calvario di Silvio. Sepolto insieme agli altri partigiani fucilati in una fossa comune fatta scavare agli abitanti del posto, il suo corpo sotto quello di un altro, il viso – massacrato di botte – coperto da un fazzoletto bianco. Maria Teresa riconosce il maglione sul quale Silvio le aveva fatto cucire una striscia di cotone con una stella alpina ricamata. Gli toglie la corda che lega i polsi e raccoglie un sasso insanguinato. Me li ha mostrati, quando l’ho incontrata, insieme alla striscia di cotone con la stella alpina.
SILVIO PEROTTO nasce il 02 marzo 1924 a Dompcevrin, nella regione della Lorena in Francia, dove i genitori erano migrati in cerca di lavoro. Nel 1927 la famiglia rientra in Italia e si stabilisce a Monza. Silvio è il più grande di quattro figli: Lorenzo, Maria Teresa e Paola. Poco più che adolescente Silvio comincia a lavorare alla Breda di Sesto San Giovanni, alla V° Sez. Aeronautica, lo stesso reparto dove lavorano Enrico Bracesco di Monza e Michele Robecchi di Muggiò (entrambi deportati, non fecero più ritorno:il primo dal Castello di Hartheim – Mauthausen -, il secondo dal lager di Dachau). Dopo l’8 settembre del 1943 cominciano i trasferimenti coatti dei lavoratori nelle fabbriche della Germania; Silvio Perotto è tra i lavoratori precettati alla Breda, ma si rifiuta di partire. E’ in contatto con alcuni antifascisti monzesi, tra i quali Carlo Prina (fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944) che gli fornisce una lettera per l’arruolamento in una delle prime formazioni partigiane costituitesi sul Resegone. Silvio confida la sua decisione ad un amico arruolato nella brigata nera “Aldo Resega” che decide di seguirlo in montagna. I due raggiungono il luogo proprio nei giorni (17-20 ottobre 1943) in cui infuria la battaglia tra nazifascisti e partigiani al Pizzo d’Erna. Riescono a tornare salvi a Monza. Silvio è confuso e ha paura, non è così facile scegliere la Resistenza armata, non ha ancora vent’anni. Ma la strada della Resistenza è ormai, anche se inconsapevolmente, imboccata con la fuga per sottrarsi al trasferimento coatto in Germania. L’”amico” rientrato con lui, fa la spia e Silvio, insieme ad altri, viene arrestato. Nelle celle della Villa Reale subisce pesanti interrogatori secondo lo stile impartito dal maggiore Luigi Gatti. Poi viene trasferito al carcere di Monza, e infine con il n. di matricola 1730 a San Vittore, il 20 marzo 1944. Qui incontra Antonio Gambacorti Passerini (poi fucilato a Fossoli il 12 luglio 1944 con Carlo Prina, e altri tre antifascisti monzesi). A Silvio viene proposto l’arruolamento nelle SS Italiane “Volontari della morte” in cambio della libertà; Antonio G.Passerini gli suggerisce di accettare di modo che una volta fuori possa riprendere i contatti con la Resistenza. Il 26 maggio Silvio viene scarcerato. E’ duramente provato dal carcere e dall’aver preso coscienza di cosa fosse davvero il fascismo. Maria Teresa ricorda bene il momento del suo ritorno a casa e della decisione di gettare la camicia nera. Non resta che fuggire, si nasconde ad Airuno (LC),in un capanno dei cacciatori tra le anse dell’Adda, rifugio di altri renitenti. Una trattoria sulle rive del fiume segnalava loro, esponendo un lenzuolo bianco alla finestra,l’imminenza di rastrellamenti. Viene così il giorno che Silvio deve abbandonare Airuno. Si sposta sul Resegone e si unisce ai partigiani della 55° Brigata F.lli Rosselli. Il 30 dicembre 1944 partigiani della 55° Brigata F.lli Rosselli e della ex 86° Brigata Issel – molti dei quali provengono dalle fabbriche di Sesto San Giovanni, Monza, Cinisello Balsamo – trovano rifugio al Baitone della Pianca , sui monti tra la Valsassina e la Val Taleggio al Culmine di San Pietro. Con loro un gruppo di operai di Dalmine in fuga dalla pianura perché ricercati, un radiotelegrafista inglese e l’interprete. Quella notte uomini della brigata Nera “Cesare Rodini” al comando del capitano Noseda, catturano 36 partigiani. Franco Carrara “Walter” comandante della 55° Rosselli viene ucciso mentre tenta la fuga. I partigiani catturati, legati ai polsi, vengono condotti a piedi ad Introbio per l’interrogatorio. Il giorno dopo Leopoldo Scalcini “Mina” comandante della 86° Issel viene torturato e ucciso. Sempre il 31 dicembre tre partigiani vengono fucilati al cimitero di Maggio, undici a Barzio. Tra loro i monzesi Silvio Perotto, Mario Pallavicini, Giuseppe Pennati. Saputa dopo diversi giorni la sorte del fratello, Maria Teresa insieme al fratello Renzo raggiunge Barzio, dove apprende il calvario di Silvio. Sepolto insieme agli altri partigiani fucilati in una fossa comune fatta scavare agli abitanti del posto, il suo corpo sotto quello di un altro, il viso – massacrato di botte – coperto da un fazzoletto bianco. Maria Teresa riconosce il maglione sul quale Silvio le aveva fatto cucire una striscia di cotone con una stella alpina ricamata. Gli toglie la corda che lega i polsi e raccoglie un sasso insanguinato. Me li ha mostrati, quando l’ho incontrata, insieme alla striscia di cotone con la stella alpina.